I nostri primi apprendimenti sono esplorazioni.
Queste esplorazioni, si modellano poi, quasi da subito, in attività ludiche.
Si potrebbe dire che il bambino passa il tempo ad imparare come usare il proprio corpo e come interagire con l’ambiente (persone incluse) attraverso il gioco.
Poi da grandi le cose cambiano.
Il gioco rimane uno strumento fondamentale, solo che ci dimentichiamo di usarlo.
Nel peggiore dei casi, ci vergogniamo di usarlo.
Invece è un gran peccato.

Perchè il gioco è valido per imparare anche in età adulta

Senza passione non si va da nessuna parte.
Per imparare qualsiasi cosa ad alti livelli occorre una pratica costante, consapevole e prolungata nel tempo. Talento o no, predisposizione o meno, tutte le eccellenze sono il risultato di migliaia e migliaia di ore di assiduo allenamento e perfezionamento.
Nulla di questo è possibile in assenza del piacere nell’attività stessa.
Il gioco, in tal senso, riveste, esattamente come durante l’infanzia, il puro piacere per l’esplorazione e la gratificazione per ogni piccola conquista.
Giocare viene spesso inteso, anzi, frainteso, come un’attività frivola che non porta a nulla se non a passare del tempo. La natura profonda del gioco, invece, sta proprio nella capacità che l’atteggiamento ludico offre nell’apprende qualcosa di nuovo e, successivamente, usarlo come piattaforma per nuovi apprendimenti successivi.
E’ possibile applicare questo ad un contesto marziale? E se sì, come?

In che modo si può usare il gioco per imparare il combattimento e la difesa personale

Combattere per davvero non è un gioco.
Ma questo non vuol affatto dire che la preparazione al combattimento non possa avvantaggiarsi del gioco come strumento di miglioramento.
Come si innesta questo strumento in una pratica che, di fatto, vive di confronto continuo.
Non diversamente da come gli animali, anche i grandi predatori, vivono la preparazione alla lotta da cuccioli e continuano ad usarla da adulti, come mezzo incruento di controllo della gerarchia all’interno del branco.
In quanto esseri umani, il nostro gioco è più strutturato e possiamo sfruttare meglio delle caratteristiche che ne enfatizzano l’efficacia nella gestione di elementi anche molto complessi.
Rispetto al gioco animale, regolato dall’istinto, quello umano necessità quantomeno di contesto e regole.
Ciò consente di poter determinare un vincitore (o una condotta corretta) e, di conseguenza, poter analizzare cosa ha funzionato nella nostra azione e cosa no, all’interno di una situazione fittizia e ragionevolmente sicura.
La competizione, stimola a fare del proprio meglio, gli apprendimenti precedenti possono essere messi in campo e alla prova in situazioni non collaborative e, che si vinca o si perda, si ottengono strumenti per poter giocare al meglio la partita successiva.
Il tutto all’interno di una cornice di divertimento nella quale ognuno “guadagna” qualcosa.

Quando e come “vestire” la giusta mentalità

Se è allenamento non è reale, se è reale non è allenamento.
Il combattimento sul ring o, ancora di più, la difesa personale NON sono ambiti di allenamento. Quando qualcuno dice che fa un allenamento reale, sta usando un ossimoro, una contraddizione in termini come dire l’acqua che asciuga.
Si può sicuramente parlare di allenamento realistico, anche se sarebbe più corretto dire allenamento funzionale allo scopo. La struttura della lezione punta sempre a quelle che sono le finalità dell’allenamento inserendo, periodicamente, degli esercizi e simulazioni capaci di portare l’allievo nella corretta condizione mentale in relazione allo scopo della disciplina.
Negli sport da combattimento queste fasi sono ben note agli atleti agonisti per i quali vengono ritagliate delle sessioni specifiche in cui quanto appreso viene inserito in un contesto il più possibile vicino a quello della gara. Lo stesso avviene nella difesa personale dove è primario, per ottenere lo stesso effetto, il saper predisporre delle simulazioni adeguate e realistiche.

Imparare a giocare sul serio

L’apprendimento avviene sempre in un contesto in cui la mente non si trova in uno stato di emergenza.
I meccanismi ludici possono essere uno strumento utilissimo da usare opportunamente ed in alternanza a fasi più “operative”.
Il tutto, beninteso, considerando che per alcuni percorsi (anche di natura marziale), che non prevedono una ricaduta diretta sul piano della vita di tutti i giorni, è perfettamente plausibile una pratica puramente ludica e ricreativa.
Ad ognuno il suo spirito.


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