Diceva un vecchio detto giapponese: “Così é la vita. Cadere sette volte e rialzarsi otto.”
Esattamente come nella metafora della vita, il kravist si allena a rialzarsi sempre una volta in più rispetto alle volte in cui “cade”.
In altre parole, come per la lotta in piedi, il kravist evita in tutti i modi di finire a terra: il fatto di non essere in posizione eretta ci limita nella visuale dell’ambiente circostante e nelle eventuali, necessarie difese.
Tuttavia, nella vita di tutti i giorni, saranno state varie le occasioni in cui chiunque di noi si è trovato seduto o disteso a terra in luoghi pubblici per sua scelta (ad es. in spiaggia, in un parco o ad un concerto).
Inoltre, nessuno saprà mai con certezza se e quando, nè con quale intensità, un’aggressione potrebbe scatenarsi nei suoi confronti (magari proprio mentre ci stavamo godendo un concerto seduti in pace sul prato!).
Ma ancora, non è da escludere neanche l’ipotesi nella quale potremmo semplicemente essere stati colti di sorpresa ed essere finiti a terra nel corso di un aggressione.
Ecco perchè il Krav Maga ci fornisce alcuni principi e strategie immediate da adeguare a seconda del contesto, compreso quello in cui siamo stati costretti, per nostra scelta o per scelta dell’aggressore, a gestire una situazione di pericolo da terra.
Questa settimana incentreremo il lavoro sul particolare approccio che il Krav Maga ha nei confronti del suolo, della lotta a terra e delle relative problematiche.
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