Questo articolo riguarda un evento che può capitare a tutti. Qualcosa di più comune dell’eventualità di essere avvicinati, provocati, aggrediti verbalmente e poi fisicamente. Si tratta di un investimento che potva finire molto male se il protagonista della storia non avesse avuto i riflessi pronti.
Riporto questo resoconto di un mio allievo, Francesco Farina, perchè rende molto bene la meccanica attraverso cui un corretto allenamento nel Krav Maga riesce ad installare riflessi che si attivano in automatico quando la situazione lo richiede. In calce all’articolo trovate le sue considerazioni. Sono, a mio parere, molto interessanti.
Buona lettura:
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Messo sotto sulle strisce.
Resoconto di Francesco Farina – Practitioner 1 – Krav Maga Global
Ogni giornata inizia con una routine piuttosto monotona che prevede comportamenti condivisi da molti: richiamo alla realtà indotto dalla sveglia, tre o quattro bestemmie dovute al brusco richiamo, ricerca degli indumenti per affrontare la giornata, colazione, il vestirsi e, naturalmente, l’uscita, che nelle giornate invernali significa uscita al buio e al freddo. Come tutte le routine anche questa comporta un progressivo adattamento che induce ad una accettazione rassegnata.
Qualche giorno fa, dopo essere uscito ed aver guidato sino al parcheggio a circa 700 metri dal mio ufficio, camminavo sul marciapiede approfittando del freddo per scrollarmi di dosso il sonno residuo ed affrontare la giornata. Camminando in modo automatico mi sono avvicinato ad uno degli attraversamenti pedonali e, arrivato all’incrocio, ho cominciato ad attraversarlo. Un’auto di fronte a me si preparava a girare alla sua sinistra ma non mi sono preoccupato perché, oltre ad avere il diritto di precedenza di un pedone sulle strisce, ero perfettamente visibile e non avrebbe potuto succedermi niente.
La sorpresa é stata enorme quando ho capito che l’auto non stava rallentando e si avvicinava pericolosamente alla mia sinistra. Ho pensato: “si ferma, si ferma, si ferma” e… no non si é fermata e mi ha mandato sull’asfalto. Il primo istinto é stato quello di rialzarmi e trasferire tutto il mio disappunto, con qualche insulto della mia collezione, al conducente che aveva frenato abbondantemente dopo le strisce. Mi sono rialzato ma, dopo essermi reso conto che l’auto era guidata da una persona che conosco molto bene, ho ingoiato gli insulti e mi sono seduto sul marciapiede per fare un controllo sulle parti doloranti e riprendermi dallo shock. Alcuni passanti che avevano assistito all’incidente mi hanno chiesto se avessi bisogno di un’ambulanza ma per fortuna non sembrava esserci niente di rotto e, dopo qualche minuto, ho ripreso la mia strada verso il lavoro con il solo danno di un piumino da ricomprare.
Mentre stavo seduto in ufficio ho ripensato a quello che era accaduto e, come succede sempre, ho cercato di ricostruire la sequenza, soprattutto la sequenza dei miei movimenti. E’ stato allora che mi sono venute in mente le parole di Massimo mentre introduceva e spiegava un particolare esercizio di caduta: “alcuni di questi movimenti non sono utili solo durante una aggressione, per esempio a me sono stati utili per evitare danni gravi durante una caduta dalla moto.”
In realtà io non ho applicato, inconsciamente, solo gli insegnamenti sulla caduta ma anche quelli da difesa, eseguendo una sorta di 360 bassa “parando” il colpo poggiandomi sul cofano e ,contemporaneamente, allontanando le gambe per proteggere il femore sinistro. Dopo la caduta sono riuscito a rialzarmi in pochissimi secondi ed ho, sempre inconsciamente, eseguito un check guardandomi intorno.
Il giorno dopo ho incontrato i testimoni dell’incidente che hanno assistito a tutto e hanno confermato la ricostruzione che avevo fatto a mente fredda. Uno dei due mi ha detto: “ Meno male che lei é un tipo atletico ed ha fatto quel movimento altrimenti le avrebbe frantumato le gambe.” Ho gongolato per un po’ ma subito dopo ho recitato un ringraziamento silenzioso.
Ho messo in evidenza l’aspetto della routine quotidiana perché tutto quello che stavo facendo sino all’incidente fa parte di abitudini consolidate molto difficili da interrompere. I movimenti istintivi che mi hanno salvato, insieme a chissà quale santo, sono venuti praticamente dal niente: senza avvertimenti, senza riscaldamento e senza un compagno di palestra che ti fa capire che sta partendo l’attacco. Di sicuro l’aspetto che apprezzo di più del mio allenamento Krav Maga é quello legato alla “deprogrammazione” dei movimenti che ti costringe a lavorare sulla reazione istintiva, un allenamento valido per tutte le età perché ottimizza il bagaglio personale che si possiede quasi senza averne coscienza.
Credo che la prossima volta che in palestra faremo una preparazione alle cadute o un esercizio di coordinazione non potrò fare a meno di sorridere.